sabato 12 ottobre 2013

Cadaveri sociali.

Vedo gente ogni giorno,e ne vedo davvero troppo,che non fa altro che lamentarsi,senza voler cambiare le cose,senza nemmeno provarci a voler cambiare le cose,senza nemmeno pensare di provarci a voler cambiare le cose... E' l'italiano medio,che cura solo il proprio orticello,la sua piccola porzione di libertà e di individualità,fregandosene altamente del vicino,ma sempre pronto a puntare con il dito inquisitore quello che non va,sbraitandolo ad alta voce,o ancor peggio mugugnandolo di nascosto,tra la confusione generale per evitare di esser ascoltato,non sia mai che qualcuno possa ascoltarlo e magari ribattere. Sono stanco di questa mediocrità,della filosofia del menefreghismo e dell'individualismo sotto ogni angolo di veduta,basta con questo pensiero ignorante dove il sentirsi bene significa unicamente star bene senza guardare gli altri,senza avere un occhio di riguardo alla società per poi trovarci a sputare fango su tutto e tutti perchè è giusto così,perchè è più facile criticare che cercar di cambiar le cose.
Per quanti leggeranno questo semplice sfogo,non pensate come sempre di trovarvi dalla parte del giusto,perchè non lo siete,tra voi si nascondo quello che odio di più di questa società marcia,e probabilmente la pustola purulenta sei anche tu,che magari ora ti indigni,ma se ti guardi allo specchio per una volta forse arriverai a capire che anche tu fai parte di questo sistema,anche tu ti lamenti sempre e non provi a cambiare nulla,anche tu pensi solo al tuo orticello,anche tu credi di essere dalla parte del giusto e del buono ma non lo sei. Probabilmente non lo sei mai stato,perchè ci sei nato in questa palude putrida e ti sei adattato,ti sei abituato al fetore,alla vista dei cadaveri ambulanti che incontri ogni giorno,ti sei abituato a tutto e ora non puoi far altro che difendere te stesso e questa palude,perchè infondo infondo al tuo cuore,ti piace sguazzare della melma,ti piace poter uscire e criticare tutto e tutti,ti piace per un istante fingerti offeso e indignato a parole,per poi svoltare l'angolo e perderti nel marasma di altri cadaveri sociali,senza anima e senza vita,senza la palude tu non esisti,non puoi vivere altrove,allora difendi questo tuo abitat maleodorante,pieno di gente assorta nel sono.
Non persone ma pezzi di carne che si muovono,senza essere e pensare,per la città...

martedì 25 giugno 2013

UFFICIO DI COLLOCAMENTO - Fantasy futuristico

Mi piace il nome "ufficio di collocamento",ha tutta l'impressione di un ufficio futuristico dove la gente va per trovare una collocazione,un ruolo nella società...

Anno 2542 quel giorno c'era poco gente all'ufficio di collocamento, solo un centinaio di persone che sarebbero state smistate ed assegnate alle proprie mansioni in una decina di minuti,erano tutti ragazzi e ragazze sui 17/18 anni,terminate le scuole venivano spediti nel suddetto ufficio dove un super computer (grande appena 25mm per lato) analizzava la vita e le inclinazioni di ogni singola persona per attribuirle il posto migliore,ultimamente molte persone venivano assegnate al pensatoio e alcune ancora all'ufficio per la ricerca di vita nell'universo ultra stellare,i lavoratori e manovali erano stati rimpiazzati da robot ultra specializzati e la razza umana aveva così tempo solo per pensare e scoprire...
Erano le ore 8.23 alle ore 8.30 ero già stato assegnato e teletrasportato al ministero della ricerca,palazzo numero 89 sotto sezione innovazione del medicina nanorobotizzata. Avrei lavorato li per i prossimo 20 anni,poi il mio cervello sarebbe divenuto troppo vecchio per poter produrre qualcosa di buono,a quel punto mi avrebbero teletrasportato su una qualche isola tropicale a mia scelta,affidato ad una moglie (scelta anche quella da un computer in modo che l'abbinamento avesse una attendibilità del 99%) e li avrei passato il resto della mia vita. Il mio compito era pensare,le scelte le facevano il computer...

venerdì 10 maggio 2013

La regina delle api



C’era una volta una coppia che desiderava ardentemente un figlio ma non riusciva ad averne. Un giorno il marito andò in un campo a tagliare del bambù. All’improvviso udì una vocina che lo implorava di non fargli del male. Dove sei?, chiese l’uomo. In questa canna!, rispose la vocina. L’uomo aprì la canna di bambù e trovò un bambino piccolissimo, con il volto da ranocchio. Lo portò a casa e con la moglie si affezionarono subito al bambino, anche se non era molto bello. Lo chiamarono Bambù.

Passarono gli anni e Bambù crebbe. Diventò un bravissimo ragazzo che aiutava il padre nel lavoro. Un giorno, il giorno del suo diciottesimo compleanno, i genitori gli diedero un abito e una spada e lo mandarono al mercato a vendere il riso e a comprare delle stoffe. Bambù attraversò la foresta ed ad un tratto si accorse di essere seguito. Gli si parò di fronte un leone affamato. Bambù gli disse: Non ho niente da darti, oggi. Ripassa domani. Ma il leone gli rispose: Ma io so già cosa mangiare: tu! Allora Bambù gli disse: Vattene via, altrimenti ti infilzerò con la mia spada! Il leone, intimorito, scappò via.Bambù era quasi uscito dalla foresta, quando incontrò un’ape che gli chiese di salvare la sua regina. La regina era una bellissima ragazza, piccolissima, con due ali argentate, che era rimasta impigliata in una ragnatela. Bambù la salvò, ed allora la regina gli regalò tre semi di melone. Questi semi ti aiuteranno a realizzare quello che vuoi. Basterà che tu lo desideri!Bambù andò al mercato e concluse i suoi affari. Poi tornò verso casa ed attraversando la foresta rincontrò il leone, ancora più feroce ed affamato. Bambù desiderò di ucciderlo con la spada di suo padre, ed ecco che di colpo riuscì a farlo. Un seme di melone era svanito nel frattempo dalla sua tasca.Bambù scoprì che i semi erano prodigiosi. Ascoltò il suo cuore e desiderò di essere un bel giovane e di rivedere la regina delle api. I due semi sparirono e Bambù diventò un bellissimo ragazzo: di fronte a lui giunse la regina delle api, che ingrandì fino a diventare una vera ragazza. I due tornarono a casa, si sposarono e vissero felici e contenti.



mercoledì 8 maggio 2013

Parlami di te

Raccontami di te,
dimmi chi sei.
Lasciamo guardare la tua anima
oltre le viscere del tempo
oltre la mera materia.
Voglio sapere tutto di te,
lascia che io diventi te,
annullandomi nel tuo io.

Le braccia della notte stringono tutti
pochi si lasciano toccare
ancora meno quelli che assaporano i suoi baci...

lunedì 18 marzo 2013

Due minuti d'attesa...


Scese le scale senza dar troppa importanza ai gradini,come ogni giorno, li conosceva bene quei gradini, li conosceva da quarantadue anni, ogni giorno li calpestava per recarsi al lavoro e tornare a casa, e ogni giorno sopportavano il suo peso e anche quello di qualche migliaio di altre persone, uomini, donne, bambini, anziani, studenti, persone di ogni etnia e generazione, ognuno assorto nei propri pensieri ognuno concentrato sui propri problemi, sulle proprie ansie e disperazioni. Quanta gente ogni giorno passava per quella stazione, molta gente, ma nessun rapporto, siamo soli pensò improvvisamente, mentre il tabellone indicava due minuti all'arrivo del prossimo treno. Siamo soli anche in mezzo a tanti, lo aveva sempre pensato ma in quel momento lo comprese e assaporò il gusto tremendo di quel pensiero, il freddo che lascia un idea tanto grande quanto dannatamente vera, un brivido lo percorse da testa a piedi, entrando nelle ossa e in ogni singola cellula,era come se ogni parte del suo corpo, anche la più piccola e insignificante, avesse partecipato alla sua rivelazione interiore, sono solo continuò a pensare. Fin da piccoli, forse solo per darci coraggio, ci dicono che siamo unici ma mai che siamo soli, unica può esserlo solo una cosa rara, magari anche bella come una pietra preziosa, ma soli possiamo esserlo tutti, come uno scarpone abbandonato sulla spiaggia dalle onde dopo una notte di burrasca, questo pensiero si insinuò nella sua mente e in poco tempo la invase totalmente, totalizzando e dirottando ogni pensiero, anche il più piccolo e il più scontato, ogni pensiero era stato soppresso e l'eco della solitudine regnava sovrana nella sua mente. Sono solo, si ripetè per l'ennesima volta, un'anima relegata in una prigione di carne, il nulla in una barriera di muscoli e ossa, solo, tutti sono soli, per quanto si possa stare vicini, siamo limitati e soli, anche nella moltitudine siamo soli...

Il treno arrivò in in stazione, si aprirono le porte, qualcuno scese e altri salirono e lui, solo, si confuse tra la folla.

mercoledì 13 marzo 2013

Il Corvo e la sventura di esser nato così...


Un giorno di Luglio il vecchio Antonio Percini,vide nel bosco un piccolo corvo imperiale e mosso a pietà lo prese con se. Antonio era un uomo schivo,ma non cattivo,di quelli che preferiscono restare soli non per cattiveria ma perchè non si sentono parte di questo mondo. Cosa facesse per vivere e come sopravvivesse nessuno in paese lo sapeva,si dice che tornò parecchi anni dopo la guerra,la patria lo mandò al fronte a combattere prima per i tedeschi e poi contro,probabilmente fu catturato e tornò solo dopo molti anni di cammino,ma chi lo conosceva bene diceva che era tornato diverso e cambiato non solo nell'aspetto ma anche nei modi di fare,da allora si ritirò su una baita lontana dal paese e cosa facesse di preciso nessuno lo sapeva con certezza.
Il corvo crebbe,aveva un piumaggio nero,con occhi grandi e scuri come mirtilli,un becco massiccio e ricurvo,la gente temeva quell'animale che ogni tanto si faceva vedere in paese,si posava su qualche albero o su qualche finestra e ben presto cominciò a circolare la voce che quell'animale portava sfortuna,era una credenza nota (e lo è tuttora) che il corvo porti sfortuna,che come la civetta annunci la morte o il verificarsi di qualche sciagura,ma è solo ignoranza infondata ma a quel tempo tutti ci credevano senza alcun dubbio o incertezza alcuna. Accadde,un giorno di Ottobre che il parroco del paese, Don Vincenzo,vedendo il corvo posato sul rosone della chiesa,corse a gran velocità sul sagrato in marmo per cacciare la bestiaccia,quel giorno aveva piovuto parecchio e correndo scivolò sul sagrato,cadendo si ruppe il braccio destro,proprio quello usato per le benedizioni e per dire messa,era il 15 Ottobre,il giorno di San Fortunato Martire,ma quel giorno di fortuna il caro Don Vincenzo non ne ebbe affatto. Le anziane del paese saputa la notizia iniziarono a segnarsi e a recitare il rosario,sapevano bene che la cosa era seria non solo per il parroco che fu portato in ospedale su di un carretto ma anche per il paese stesso,la brutta stagione stava arrivando e un prete con il braccio destro rotto non può dir messa ne celebrare battesimi e funerali,insomma il paese era disperato,il prete più vicino era a 3 ore a piedi dal paese,a quel tempo le strade non erano ancora tutte asfaltate e per mettersi in viaggio ci voleva il bel tempo altrimenti si correva il rischio di rimanere bloccati nel fango o peggio ancora in qualche fiume che straripando inondava la strada vicina. La domenica arrivò e le donne di buona lena si alzarono presto per recarsi alla messa nel paese vicino,il cielo era sereno,il sole appena sorto colorava di rosa le montagne e arancio le cime innevate e i ghiacciai perenni. Dopo qualche settimana arrivò un nuovo prete che sostituì Don Vincenzo per un mese circa,fino al giorno della sua guarigione. Il corvo non si fece più vedere fino agli inizi di Dicembre,il paese era coperto da una coperta di neve spessa quasi una spanna,tutto taceva,l'unico rumore era il crepitio del legno nei camini,il fumo bianco che usciva dai comignoli si confondeva subito con lo sfondo del candido paesaggio innevato,per questo non fu difficile notare il corvo nero passeggiare sul tetto della casa dei coniugi Vernucci,erano due anziani di 85 anni,da tempo malati entrambi e il paese si fece carico di aiutarli,la loro casa era molto vecchia e alcune tegole rotte facevano uscire il calore dalle loro crepe sciogliendo la neve attorno,creando così delle chiazze rosse sul tetto bianco. Il corvo si era posato proprio su una di queste chiazze probabilmente per riscaldarsi,sfruttando il tepore proveniente dalle tegole. La vecchia Vernucci saputo che il corvo si era posato proprio sulla sua casa si spaventò a morte,ancora ricordava quanto fosse accaduto al parroco pochi mesi prima,e il marito vedendo la donna riversa al suolo morì quasi subito anche lui di crepacuore. La colpa fu subito attribuita al corvo,che ignaro di tutto rimase sul tetto a scaldarsi. Un cacciatore del paese venuto a conoscenza dell'accaduto imbracciò la doppietta e sparò un colpo al corvo che precipitò senza vita dal tetto,rovesciando sulla strada in piccolo rivolo di sangue scuro che si mischiò con la neve fredda e banca. Il cacciatore prese con se l'animale e lo buttò in un camino per brucialo,scongiurando così ogni maledizione del corvo,era infatti usanza al tempo bruciare le cose o le bestie che si pensava portassero sfortuna. Le piume del corvo bruciarono immediatamente e con loro il resto dell'animale,il fuoco mangiò la carcassa e ne sputò soltanto qualche osso e un cumulo di cenere.


Di disgrazie ne accaddero ancora nel paese e le colpe furono imputate al caso e a qualche altra bestia o persona poca gradita e mal vista. L'ignoranza della gente porta spesso a conclusioni affrettate e ancor peggio,spesso la gente è causa del proprio male,il prete scivolò perchè il sagrato era bagnato non certo per colpa del corvo e i vecchi Vernucci morirono alla veneranda età di 85 anni,non certo giovincelli,ma l'ignoranza porta sempre a dare spiegazioni insensate e fatti comuni.

lunedì 11 marzo 2013

L'urlo della civetta


Questa storia si perde nella notte dei tempi,quando l'uomo ancora amico della natura sapeva viverci in un rapporto di reciproco scambio,senza che nessuno prevalesse sull'altro. Come tutte le primavere,fino a quel giorno, tutti gli uccelli erano intenti a cercare rametti ed erba secca per costruirsi il nido. Il cuculo,arrivato solo ad Aprile inoltrato,non trovò più ne rametti ne erba secca e tutti i vecchi nidi erano stati occupati e risistemati da altri uccelli che decisero di intraprendere prima la migrazione per accaparrarsi i posti migliori. I mesi passarono e il cuculo vagava per il bosco alla ricerca disperata di un nido dove poter deporre le uova. Mentre il sole tramontava all'orizzonte e colorava le nuvole di un rosso accesso,la civetta vedendo che si faceva buio decise di uscire dal nido per cacciare qualche topo,aveva appena deposto 3 uova e non c'era bisogno di covarle vista la temperatura gradevole dell'aria. Il cuculo vedendo la civetta uscire dal nido,orientandosi con la tenue luce rossastra del crepuscolo,entrò svelto nel nido della civetta,e con un rapido gesto butto le uova appena deposte fuori dal nido e poi ne posò altre tre. Il cuore del cuculo batteva forte e temeva che la civetta potesse scovarlo e ucciderlo,per questo non appena depose le sue uova si affrettò ad uscire dal nido e a volare via lontano dal bosco. Solo a notte fonda la civetta tornò nel nido e si accorse che che le sue uova erano state sostituite,il silenzio della notte fu rotto da un grido disperato di rabbia e terrore,che anche il cuculo volato a parecchi chilometri di lontananza sentì distintamente. Tutti gli animali del bosco si svegliarono impauriti e impietriti al sentire il verso così tetro e cupo della civetta. Da quel giorno la civetta decise di uscire solo la notte,per non esser vista da nessuno e per poter urlare tutte le sere,da sola il dolore per la perdita dei propri piccoli. Ecco perchè la civetta ha un verso che ricorda il grido di una donna spaventata e terrorizzata.

"La civetta attraverso i suoi occhi turba con la sua presenza, rompendo l’oscurità nella quale doveva rimanere,procurando spavento e presa di coscienza."


NDA:
Questa ovviamente è una storiella inventata,un modo fantasioso per spiegare l'acuto verso della Civetta,ma non significa affatto che sia una animale che porti sfortuna,anzi,se avete il privilegio come me,di sentirla cantare quasi ogni notte,significa che siete tra i pochi fortunati a vivere in mezzo al verde,in un posto dove il cemento e l'asfalto non ha preso il posto del cemento. La vera sfortuna sta nelle persone ignoranti che disprezzano e spesso uccidono gli animali solo per credenze popolari insensate.
Simone Monguzzi.

venerdì 8 marzo 2013

Il vecchio boscaiolo.


Come ogni sera sul fare del tramonto in Caprimulgo uscì dal suo nido ben nascosto tra le fronde del salice piangente per andare a caccia. Il vecchio Felice Bernassi come ogni sera lo guardava volare dalla finestra della sua stanza della residenza per anziani Anni d'Oro,era una piccola residenza con un 50ina di ospiti immersa nel verde e nella quiete,non era difficile vedere nel prato qualche scoiattolo o qualche leprotto che incuranti dei vecchi seduti all'ombra della veranda,frugavano tra l'erba e i cespugli in cerca di qualcosa da mangiare. Felice non era mai tra quelli che uscivano a prendere l'aria buona in giardino,i suoi genitori gli diedero questo nome ma lui felice lo era solo di nome e non di fatto,ebbe una vita piena di pene e tormenti un figlio scomparso a 20anni e una moglie che morì in seguito ad un incidente in auto qualche anno dopo la scomparsa del figlio. La vita non aveva mai riservato nulla di buono a Felice,lavorò come taglialegna per 54 nelle valli appena sopra a Como,gli della pensione furono per lui anche quelli più tristi e bui,si sentiva inutile nei confronti della società o meglio,la disdegnava perchè per lui la società non aveva mai fatto nulla di buono,i nipoti stanchi di averlo tra i piedi lo rinchiusero in questa residenza per anziani. Molte volte pensava all'ironia del nome e alla presa per il culo di cui era certo molti la dentro non se ne erano neppure accorti. Felice conosceva bene la natura,riconosceva ad occhi chiusi i canti di tutti gli uccelli notturni e diurni,conosceva i periodo di cova e di migrazione,non c'era cosa su un uccello o su un animale del bosco che lui non conoscesse o che non potesse arrivare a conoscere per deduzione,ma a nessuno fregava di quell'uomo,nessuno parlava mai con lui perchè tutti credevano fosse scorbutico e cattivo,ma non lo era affatto,quando una persona si isola e tende a distaccarsi e ad odiare la società nessuno più bada a lui e nessuno più lo cerca,forse per paura di esser trattati male più che per rispetto della propria scelta,certo è che Felice non cercava mai la compagnia di nessuno ma non la disdegnava quelle rare volte che capitava di parlare con qualcuno lui era sempre al centro del discorso,raccontava le storie del bosco,le leggende degli animali e degli esseri che lo vivono,ma nessuno sembrava realmente interessato ai sui discorsi,quei pochi che aveva ancora buone facoltà cognitive preferivano passare le giornate davanti alla tv,il resto degli anziani era piazzato in un angolo del salone centrale,mentre sbavano e si lamentavano senza essere ascoltati da nessuno. Il vecchio boscaiolo passava le giornate intere nella sua stanza a guardare fuori dalla finestra,ogni mattina metteva un biscotto sbriciolato sul davanzale e un pettirosso veniva a mangiare,all'inizio era schivo ma dopo qualche tempo non era più intimorito della presenza dell'uomo alla finestra,anzi spesso se ne restava li anche dopo aver finito di mangiare per ore e ore,non facevano nulla se non guardarsi negli occhi a vicenda e di tanto in tanto Felice accarezzava il pettirosso,ma lo faceva molto raramente perchè sapeva bene che gli animali selvatici per propria natura devono essere liberi e vanno soltanto ammirati e mai toccati o intrappolati,ma il pettirosso sembrava accondiscendere a questo strappo alla regola. Passarono i mesi e le giornate passavano sempre nello stesso modo,qualche ospite se ne andava e veniva rimpiazzato da qualche altro anziano,cambiavano le facce e noi ma mai la sostanza della gente che lo abitava,molti anziani stanchi di vivere o semplicemente stanchi di tutto ai quali nemmeno la morte concedeva l'ultimo dono ed erano costretti magari per anni a vivere gli anni d'oro in una prigione di farmaci e omogenizzati tra flebo e pannoloni sporchi. Anche la situazione di Felice si aggravò ma trovava sempre la forza ogni mattina di portare da mangiare al suo fedele amico,prendersi cura del pettirosso lo faceva sentire utile,forse apprezzato per la prima volta in vita sua,e l'uccello sembrava aver capito ogni cosa,non c'era bisogno di parlare,i due si intendevano solo con lo sguardo e con la forza dei sentimenti e si scambiavano tacite confidenza con il canto del passero e i lo sguardo profondo del vecchio. Arrivò la neve e l'inverno arrivo non solo sopra le città ma anche su Felice che una notte di Novembre,il 15, spirò. Nessuno se ne accorse se non l'indomani tranne che il pettirosso che sfidando il caprimulgo si posò sulla finestra e intonò il suo dolce canto come se volesse accompagnare e ricordare l'amico scomparso con il quale per molto tempo aveva condiviso confidenze e racconti,aveva ascoltato per mesi i racconto di un vecchio dimenticato da tutti ma che tanto aveva da raccontare. Al funerale andarono pochissime persone,e ancor meno furono i nipoti che andarono a portagli l'estremo saluto,aveva vissuto il solitudine e in solitudine se ne andò,dimenticato da tutti gli uomini ma non dal pettirosso che ancora ogni giorno,si posa sulla sua lapide e fissando la foto scolorita intona un canto bellissimo fatto di passione e sembra quasi raccontare a tutti le vecchie storie del bosco,le storie sugli animali e su gli altri esseri che lo vivono.

sabato 2 marzo 2013

Il Pettirosso

E' qualche settimana che nei miei sogni mi capita speso di vedere un pettirosso,molto affabile,che non dice nulla ma trasmette molta serenità e pace. Quindi ho deciso di cercare quale può essere il significato del pettirosso,ma non ho voluto indagare molto perchè preferisco che le cose si svelino da sole se c'è necessità che vengano svelate. Però qualche aneddoto e qualche storia l'ho trovata davvero emozionante e ricca di significato. Ne riporto di seguito alcune.

Le tre massime del pettirosso
Un uomo trovò un pettirosso impaniato fra gli spini e lo catturò, dicendo: “Che bellezza, me lo porto a casa e me lo faccio allo spiedo”. Al che il pettirosso gli parlò: “Che ben magro pasto faresti col mio corpicino minuto! Se invece mi lasci libero, in cambio ti dirò tre massime di grande valore”.
Si, d’accordo, - rispose l’uomo – ma prima dimmi le massime e poi ti lascierò andare”.
E come posso fidarmi? Facciamo così: io ti dico la prima massima mentre mi hai ancora in mano. Se ti va, mi lasci andare e io volo su quel ramoscello vicino, da dove ti dico la seconda massima, e dove mi puoi anche raggiungere con un salto. Poi volerò sulla cima dell’albero, e da li ti dirò la terza massima”.
Così fu convenuto e l’uccellino cominciò: “Non ti lamentare mai di ciò che hai perso, tanto non serve a nulla”.
Bene, - disse l’uomo – mi piace”, e liberò il pettirosso che dal ramoscello vicino disse la seconda massima: “Non dare mai per scontato ciò che non hai potuto verificare di persona”.
Dopo di che il pettirosso spiccò il volo, e mentre raggiungeva la cima dell’albero gridò tra i gorgheggi: “Uomo sciocco e stupido! Nel mio corpo è nascosto un bracciale tutto d’oro, tempestato di diamanti e rubini. Se mi avessi aperto, a quest’ora saresti un uomo ricco”.
Al che l’uomo, disperato, si buttò a terra stracciandosi le vesti e gridando: “Povero me: in cambio di tre massime ho perduto un tesoro favoloso! Me disgraziato, perché ho dato retta al pettirosso! Perché questo insulso scambio per tre sole massime …. Ma, un momento! Ehi pettirosso: me ne hai detto solo due; dimmi almeno anche la terza!”
E il pettirosso rispose: “Uomo sciocco, tre volte sciocco: ti ho pur detto come prima massima di non lamentarti per ciò che hai perso, tanto è inutile. Ed ecco che sei per terra a lamentarti. Poi ti ho detto di non dare mai per scontato ciò che non hai potuto verificare di persona, ed ecco che tu credi a quel che ti ho detto senza averne la benchè minima prova. Ti sembra forse che il mio piccolo corpo possa racchiudere un grosso bracciale? Se non sai fare uso delle prime due massime, come puoi pretendere di averne una terza?” E volò via.




Molti cercano leggende e credenze...
Il pettirosso ha un comportamento imprevedibile. Definito comunemente socievole con gli uomini, non si avvicina a tutti. Può mantenersi a distanza, schivo, per poi allontanarsi, cantando. Gli esemplari di città generalmente sono più abituati alla presenza umana e possono anche intrufolarsi dentro casa vostra, se lasciate la finestra aperta.
Il simpatico animaletto attira molta attenzione per la vistosa macchia rosseggiante sul petto e forse se ne rende conto anche lui.
Il ruolo del pettirosso nell'immaginario europeo.
Il pettirosso è un un simbolo fortemente inserito nel folklore britannico e francese, e, in misura minore, in tutti gli altri paesi d'Europa.

  • Per la mitologia dei Normanni il pettirosso era considerato sacro a Thor, il dio del tuono, accostandolo alle nuvole di tempesta. 
  • Più recentemente è stato associato al Natale, assumendo un ruolo dominante in molti biglietti natalizi fino alla prima metà del diciannovesimo secolo. Un vecchio racconto popolare britannico, associato al cristianesimo, spiega la particolare colorazione del petto rosseggiante. Quando Gesù stava morendo sulla croce, il pettirosso, che era di colore marrone, si accostò al morente e cantò nel suo orecchio per alleviare il suo dolore. Il sangue sporcò il petto del volatile e da quel momento tutta la specie ha avuto impresso il marchio del sangue di Cristo.
  • Una leggenda alternativa, sempre cristiana, vede il petto del pettirosso ustionato dalle acque del Purgatorio mentre andava a prendere le anime dei morti.
  • Il pettirosso è diventato l'emblema dei postini inglesi dell'epoca Vittoriana, essendo loro stessi chiamati Robin e vestiti con uniforme rosse.
  • Nel 1960, il pettirosso è diventato l'animale simbolo del Regno Unito.
  • Il pettirosso figura nel racconto tradizionale per bambini Babes in the Wood, nel quale i volatili ricoprono con le foglie secche i corpi dei bambini, uccisi nella foresta (immagine).



sabato 23 febbraio 2013

Tardigradi questi fenomeni sconosciuti.

Prima di raccontarvi cosa sono in grado di fare questi straordinari esseri è necessario spiegarvi cosa siano.

Sono degli invertebrati invisibili a occhio nudo,gli adulti possono variare da meno di 0,1 mm a 1,5 mm. Sono organismi eutelici (hanno un numero di cellule costante durante il corso della vita e che possono accrescersi solo per volume),quindi dubito fortemente che qualcuno di voi abbia potuto vederne uno. Ma questi esseri non sono straordinari ne per le loro ridotte dimensioni ne tanto meno per il loro numero di cellule,ma bensì per la loro capacità di sopravvivere in condizioni proibitive per qualsiasi altro essere vivente,compresi virus e batteri.

In particolare i tardigradi possono resistere a:


Mancanza d'acqua (possono sopravvivere quasi un decennio in condizioni di totale disidratazione);

Temperature alte o bassissime (possono resistere per pochi minuti a 151 °C, per parecchi giorni a -200 °C (~73K) o per pochi minuti a ~1K);

Alti livelli di radiazione (anche centinaia di volte quelli che ucciderebbero un uomo);

Basse o alte pressioni (anche sei volte maggiori a quelle dei fondali oceanici);
mancanza di ossigeno;

Raggi UV-A e alcuni tipi perfino ai raggi UV-B.

Se posti in condizioni avverse come quelle sopra elencate questi animali sviluppano una serie di meccanismi difensivi che vanno dall’incistidamento alla sospensione di ogni attività metabolica visibile (criptobiosi). In condizioni di disidratazione ritraggono le zampe e si contraggono riducendo la superficie per rallentare l'evaporazione dell'acqua. Questo fornisce il tempo per la sintesi di sostanze protettive. Nel caso di basse temperature nel liquido che riempie l'emocele si formano cristalli di ghiaccio a crescita controllata. In entrambi i casi una funzione importante è svolta dalla sintesi del trealosio, uno zucchero disaccaride che con l’acqua e le altre sostanze cellulari forma un gel che permette la conservazione degli organelli fino alla successiva eventuale reidratazione.

Un esperimento dell'Università di Kristianstad ha dimostrato come alcune specie possano sopravvivere per dieci giorni nello spazio.

Non stiamo parlando di esseri mitologici o frutto della fantasia di qualche autore di fantascienza,è la semplice realtà ed è impressionante quanto sia sorprendente.

mercoledì 20 febbraio 2013

Perchè io voto Movimento 5 Stelle.


In questi ultimi mesi mi sono preso la briga di leggere i programmi elettorali delle grandi forze politiche scese in campo per queste elezioni e mi sono ritrovato in tutti i punti concorde con M5S. Tendo a precisare un paio di cose,il mio non è un voto di protesta,non ha senso tale definizione,uno vota perchè convinto e se una persona stanca della politica e dei politi attuali sceglie liberamente di votare un partito un po' fuori dagli schemi,non va definito un voto di protesta ma un voto di coscienza,con M5S è stata riscoperta la coscienza del cittadino sui grandi temi di attualità. La grande forza di questo movimento è la partecipazione attiva,io non voto una persona ma un idea,un ideale di democrazia che in Italia non è mai stato applicato e nemmeno lontanamente immaginato dalle altre forza politiche. In M5S ho trovatola possibilità di esprimere tramite la rete la mia opinione di trovare confronto,dialogo e partecipazione sui grandi temi,la mia idea conta e conta tanto quella degli altri,nulla di più nulla di meno, è questa la vera idea di democrazia che ho in mente io per questo paese,ed è applicabile soltanto tramite la rete,l'unico mezzo di informazione veramente libero,senza censura,senza altre persone che decidono quello che si può dire e quello che non si può dire. Ecco perchè io voto M5S,perchè posso esprimere fino in fondo il mio essere cittadini Italiano.

Io invito chiunque ad andare a leggere,anche solo per curiosità i temi tratti nel programma elettorale di M5S, e di fare anche una capatina sul blog,dove troverete tutte le discussioni e tutti i pareri di ogni singola persona inscritta al blog. Ricordate che il nostro movimento non è solo Beppe Grillo e non è solo VAFFANCULO,è qualcosa di più grosso,è l'idea di fondo che sta dietro a tutto,che sostiene le nostre proposte,è l'idea di una vera partecipazione attiva del cittadino,dove il programma è stato votato,dove i candidati sono stati votati attraverso delle primarie on-line,senza sborsare un soldo e senza sprecare carta per schede elettorali e scartoffie varie,questo è solo un esempio.

PROGRAMMA:

PDF del Programma M5S.

domenica 10 febbraio 2013

Astensionismo attivo.

E' proprio questa la cosa bella o brutta del voto,ovvero che tutti quanti siamo tenuti a farlo perchè è un dovere civico,ma è anche bene esercitare questo dovere perchè è un nostro diritto. Per questo astenersi dal voto è una cosa ha poco senso e in pochi lo sanno ma esiste la possibilità dell'" Astensionismo Attivo" ovvero ci si reca al seggio e SENZA TOCCARE LE SCHEDE, si chiede di mettere a verbale che ci si astiene dal voto perchè non ci si sente rappresentati da nessuna forza politica,il presidente di seggio è tenuto a mettere a registro tale richiesta e a notificarla sul registro e poi apporre il timbro sulla nostra tessera elettorale. Che senso ha tutto questo?
In primis è un atto forte nel senso che si dimostra l'intenzione di voler esercitare il diritto al voto ma l'impossibilità di fatto perchè non ci si sente rappresentati da nessuno.
Non è uguale nel lasciare la scheda bianca,perchè le schede bianche vanno alla maggioranza.

Quindi se proprio non volete andare a votare,almeno recatevi ai seggi e verbalizzate il vostro diritto e dovere di votare o non votare.


domenica 27 gennaio 2013

Siamo un fiume...

Siamo un fiume,
nasciamo piccoli tra le braccia delle natura
e con il tempo diventiamo grandi
le nostra acque sono i nostri ricordi
dove liberi nuotano i pesci
e dove ogni tempesta ci lascia un regalo,
ci ristoriamo in qualche anfratto o all'ombra dei salici
che sulla riva salutano e benedicono il nostro passaggio
sul nostro letto portiamo le cose peggiori,
quelle che vogliamo nascondere a tutti
e lasciamo sul fondo,tra sassi,storioni e spazzatura,
sembriamo limpidi in superficie ma abbiamo la melma nel nostro cuore.
Durante la strada incontriamo qualche ostacolo e l'acqua si fa crespa
e dopo la cascata scorre ancora verso l'immenso mare
dove tutti i fiumi finiscono e dove tutti i fiumi si incontrano
dove non c'è affanno ne corsa,ne cascate ne anfratti
dove ognuno arriva con i suoi pesci
con le sue storie da raccontare
con la sua spazzatura da dimenticare.

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martedì 15 gennaio 2013

Il Suicidio... Un gesto poco comprensibile.


Limitare a definire il suicidio come un atto insensato o di fuga dai problemi è un sintomo di
limitatezza mentale. Chi si suicida non sempre è disperato e non sempre lo fa per fuggire dai
problemi del mondo; spesso è una scelta meditata nel tempo e maturata negli anni. Non sto parlando
ovviamente degli adolescenti che si suicidano perchè il loro amore non è corrisposto o perchè
scherniti da amici e conoscenti, quello è un altro discorso che sfocia poi nel medesimo gesto ma con
delle motivazioni differenti da chi si suicida per il male di vivere o chi usa il suicidio come gesto
dimostrativo. Prima di affrontare le varie visioni del suicidio è doveroso guardare questo fenomeno
non come un gesto consueto ma come un eccezione, e se di eccezione si tratta, allora la vera
domanda non è tanto capire cosa spinge una persona a suicidarsi ma cosa spinge una persona a
continuare a vivere. In situazioni particolarmente difficili e difficilmente accettabili l'uomo non
ripiega sul suicidio come scelta e questo è ben visibile ad esempio nei campi di sterminio nazisti
dove il tasso di suicidi non era di molto superiore a quello della media nazionale di quel periodo o
nelle regioni del terzo mondo. Questo dimostra quindi che c'è qualcosa che muove l'uomo a
rimanere in vita anche in situazioni proibitive e che non garantiscono un futuro certo o quantomeno
dignitoso. Da questo si deduce che il suicidio è particolarmente frequente in regioni e situazioni in
cui il livello sociale e culturale ha raggiunto un certo benessere. Perchè,quindi,il fenomeno del
suicidio si presenta sempre o quasi in situazioni di benessere?
Ritengo che i punti chiave per azzardare una risposta siano due,la speranza e la cultura dominante.
In situazioni proibitive dove il tempo viene impiegato a lavorare o a mantenersi vivi, l'individuo
non ha il tempo libero necessario per maturare l'idea del suicidio, quindi questa non è una scelta
repentina e infondata ma frutto di un lungo confronto interiore. (Quello che dico è da ritenersi in
senso generale ovviamente, non è mio interesse affrontare ogni singolo caso e trovarne le
motivazioni, considerando che in molti casi le motivazioni sfuggono ai più e non è compito ne mio
ne di nessun' altro indagare, giustificare e capire un suicidio in quanto è un gesto così fortemente
personale da poter sfuggire ad ogni logica,e per questo fortemente incomprensibile).
In una società elevata culturalmente e socialmente l'individuo ha più tempo libero e può porsi
domande alle quali sarebbe difficile rispondere se non si ha del tempo libero da trascorrere a
maturare la risposta, ponendosi alcune domande sul senso della vita giunge ad un interrogativo
insormontabile come il significato dell'esistenza o il senso della vita stesa. L'impossibilità di
ottenere una risposta valida e soddisfacente porta l'uomo sull'orlo di un tracollo, in una situazione
dove nulla ha più senso perchè il senso non si trova. L'uomo si accorge che è effimero e destinato a
finire proprio perchè la fine è intrinseca nella natura che crea e distrugge ogni cosa e l'uomo non
sfugge a questa regola. Ogni cosa è destinata a cessare e molte persone non riescono a darsi pace e
cercano di trovare altre risposte alle domande. L'archè del suicidio,il principio primo, risiede
proprio in questa situazione. La razza umana con il tempo si è dissociata sempre più dalla natura
creando nuove regole e manipolando gli istinti,la società stessa si è snaturalizzata ma questo è un
processo soltanto mentale e sociologico non certo biologico,in quanto l'uomo pur dissociandosi
dalla natura ne resta lega alle meccaniche e alle regole generali di inizio e fine. Di conseguenza
l'uomo che ha cercato invano di dominare la natura si trova in uno stato di profonda crisi e angoscia
quando prende coscienza del fatto che inesorabilmente obbedisce alle leggi della natura e questa
sofferenza è il male di vivere,ovvero la consapevolezza che ogni cosa è limitata nel tempo e il
dubbio che diventa certezza della mortalità non solo della persona ma di tutto quello che ci
circonda. Per questo motivo l'essere umano ripiega nelle fede le risposte mancate perchè non è in grado di vivere nel dubbio e cerca sempre una risposta anche fasulla ma che in qualche modo riesca a colmare il grande vuoto.
E' importante capire,a mio avviso, che in questo caso non esiste differenza tra fede e ateismo in
quanto entrambi i pensieri portano ad una risposta falsa alla domanda iniziale (ovvero qual'è il
senso della della vita?) l'una affermando l'opposto dell'altra. La vera soluzione non risiede ne nel
credo e nemmeno nel non credo ma nell'agnosticismo,ovvero nel non porsi la domanda in quanto
nessun ragionamento e nessuna fede possiede una risposta certa. La vita è piacere di scoprire e di
conoscere, quando cessa questa voglia ne cessa necessariamente anche il piacere che porta. Dal
verbo “suchen” (cercare) i tedeschi fanno il participio presente “suchend” e la forma sostantiva “der
suchende” (colui che cerca) è usata per indicare coloro i quali non si limitano alla superficialità
delle cose ma vogliono indagare ogni aspetto della vita anche quello più sgradevole,è questo che
intendo con il piacere della scoperta.Non ha dunque senso porsi domande alle quali non è possibile
dare una risposta e questo è valido non solo per il proprio credo ma anche per altri temi più concreti
come ad esempio le motivazioni che portano al suicidio. E’ una domanda che intrinsecamente non
ammette nessuna risposta in quanto le motivazioni possono essere innumerevoli e nessuna nello
stesso tempo e rilevanti per alcuni e irrilevanti per altri,l'unica persona che può rispondere a questa
domanda ironicamente è colui il quale ha deciso di togliersi la vita. Concludendo,l'uomo ha
costruito una società distaccata dalla natura ma non potendo sfuggire alle sue regole ha come diretta
conseguenza questa presa di coscienza.Iil suicidio,secondo il mio punto di vista, non è altro che un
tentativo di spostare la domanda primordiale e un modo per colmare un male di vivere veramente
esasperante e quotidianamente presente,tanto da diventare esasperante. Sarebbe riduttivo limitare il
suicidio ad un atto scellerato e da vigliacchi, Seneca diceva che ci vuole coraggio a vivere,ma io
ritengo che questa affermazione non sia poi così vera,non ci vuole coraggio a vivere in quanto si
vive per inerzia,la vera forza e il vero coraggio sta nel togliersi la vita.
Durkhein identificò quattro gradi di suicidio ( egoistico,altruistico,anomico e fatalista) questo
perchè sarebbe riduttivo e insensato paragonare il suicidio di un giovane per una pena d'amore ad
esempio al suicidio di Catone Uticense, di Jan Palach (Praga 1968) o di Salvador Allende. Questi
suicidi sono certamente gesti estremi ma non si possono definire atti di codardia o di scelleratezza,
sono stati mossi da una profonda coscienze e consapevolezza del gesto che si stava per compiere e
con un grande senso di responsabilità nei confronti di un idea.Forse è proprio questo quello che
siamo,un’ idea che avrà fine soltanto con la fine della società. Se siamo quello che siamo oggi e se
possiamo godere di alcuni diritti lo dobbiamo anche al gesto estremo di persone che hanno deciso di
privarsi generosamente della loro vita in favore di un idea più grande e più alta. Alla luce di queste
affermazioni c'è ancora dello sdegno e del biasimo difronte ad una persona che decide di suicidarsi?

Significato mantra OM MANI PADME HUM






Questo è il mantra di 
Avalokiteshvara, il mantra più recitato e conosciuto anche dai non buddhisti.
Può essere recitato per lunghi periodi di tempo, sgranando il mala, il rosario buddhista, durante la vita comune o la meditazione.
Om Mani Padme Hum viene recitato per ottenere la liberazione, quindi la pace e la libertà dalle sofferenze.
Si dice che sia così potente che anche un animale sentendolo otterrà una rinascita umana e quindi la possibilità di conoscere il dharma e raggiungere l'illuminazione.
Il mantra non ha un significato letterale come frase compiuta, bensì hanno significato le sei sillabe che lo compongono.
OM
è composta da tre lettere: 
A, U e M.
Queste simbolizzano il corpo, la parola e la mente 
impuri del praticante all'inizio del suo sentiero verso la liberazione.
Alla fine del sentiero, simbolizzano il corpo, la parola e la mente 
puri di un Buddha.
Quindi, al tempo stesso, 
Omindica la possibilità che vi sia una trasformazione dall'impurità alla purezza: il sentiero della liberazione.
MANI
due sillabe, significa 
"gioiello", simbolizza la bodhicitta, cioè l'intenzione altruista di raggiungere l'illuminazione per il beneficio di tutti gli esseri senzienti.
PADME
si pronuncia PEME,due sillabe, significa 
"loto", simbolizza la saggezza, la conoscenza.
La comprensione dell'impermanenza, della vacuità, dell'interdipendenza, la conoscenza che recide ogni illusione e offuscamento.
Mani Padme è anche l'epiteto di Avallokitesvara.
HUM
chiude il mantra nella 
perfezione, come pure anche molti mantra, e significa "concedi" la mente onniscente e le realizzazioni, e simbolizza l'indivisibilità di metodo e conoscenza, di compassione e saggezza.
Il mantra può assumere altri significati in contesti diversi.
Ad esempio, recitato durante il bardo, cioè durante la fase successiva alla morte e precedente alla reincarnazione, è lo strumento per 
evitare di ricadere nel ciclo di rinascite del samsara:
"Om" chiude la porta della rinascita fra gli dei,"Ma" quella fra le Asura, divinità gelose,"ni" quella fra gli uomini,"Pad" quella fra gli animali,"me" quello fra i preta, spiriti insaziabili,"Hum" quella negli inferi.
L'insegnamento spiega che ciascuna delle sei sillabe del Mantra - OM MA NI PAD ME HUM - ha un effetto specifico e potente nel determinare la trasformazione dei vari livelli del nostro essere.
Le sei sillabe purificano completamente le sei emozioni negative che sono manifestazioni dell'ignoranza e che inducono a comportamenti negativi nei confronti del nostro corpo, in modo orale e mentale, creando così ilSamsara (ciclo delle rinascite) e la nostra sofferenza.
Orgoglio, gelosia, desiderio, ignoranza, cupidigia e rabbia sono trasformati con il Mantra nella loro vera natura; la 
saggezza delle sei famiglie di Buddha si manifesta nella mente illuminata.
Così quando recitiamo l' OM MA NI PAD ME HUM le sei emozioni negative che sono la causa dei sei regni del Samsara, sono purificate.
Le sei sillabe impediscono la rinascita in ognuno dei sei regni e attenuano la sofferenza inerente ad ogni regno.
Allo stesso tempo recitando l' OM MANI PADME HUM si purificano completamente i complessi dell'ego e si perfezionano i sei generi di azioni trascendentali del cuore e della mente illuminata: generosità, armonia, comportamento, resistenza, entusiasmo, concentrazione/comprensione.
OM MANI PADME HUM è detto anche "enorme protezione dagli influssi negativi e dalle varie forme di malattia".
In tibetano è pronunciato OM MA NI PAD ME HUNG.
Comprende la compassione e la benedizione di tutti i Buddha e Bodhisattva ed invoca particolarmente la benedizione di 
Avaloketeshvara, il Buddha della Compassione.

venerdì 11 gennaio 2013

Dialogo tra un Folletto e uno Gnomo...


Questa è una delle "Operette Morali" di Leopardi,narra di un ipotetico dialogo in un ambientazione post-apocalittica tra uno gnomo ed un folletto. Entrambi concordano sul fatto che l'uomo non sia il centro dell'universo e che «la terra non sente che le manchi nulla», così la natura perpetua il suo ciclo inesorabilmente: «i fiumi non sono stanchi di correre», dice il Folletto e «i pianeti non mancano di nascere e di tramontare», prosegue lo Gnomo.

L'uomo da sempre ha maturato un idea antropocentrica,l'uomo al centro di tutto e ogni cosa in funzione dell'uomo. Ma in un mondo senza uomo si nota immediatamente che il tempo continua il suo corso e con lui ogni cosa racchiusa in esso e che ne è influenzata,così le stelle muoiono e nascono e i fiumi continuano il loro corso con o senza uomo. I maiali che secondo Crisippo erano fatti per essere uccisi dall'uomo per ricavarne carne,paradossalmente continuano la loro vita,da questo si deduce che la concezione di Crisippo era errata e che non era questa la loro funzione. Il passo successivo è capire quindi se ogni cosa ha uno scopo o una funzione da esplicare oppure no. Penso che non tutto abbia uno scopo e una funzione,il mondo gira anche se noi non lo sappiamo e le cose avvengono anche se noi non lo vogliamo,il nostro pensiero e la nostra funzione è irrilevante ai fini del mondo ma importante in un ottica più circoscritta come la famiglia o la società. A questo punto quello che prima non aveva funzione o significato adesso lo ha,un uomo è insignificante se visto dalla luna ma man mano che ci si avvicina acquista valore e significato,conferitogli dai suoi simili. Al giorno d'oggi però ci sono persone che hanno un valore troppo alto per quello che poi oggettivamente fanno,e questo perchè alcune scale dei valori sono cambiate e altri valori sono intoccabili anche se sbagliati. Le grandi persone sono quelle che sanno pensare bene e che hanno la forza e la capacità di trasformare il loro pensiero in atto,in altre parole di concretizzare il loro pensiero,di essere retti e coerenti e di essere retti,una rettitudine data dall'equilibrio tra quello che si pensa e quello che si mette in pratica. Se prendiamo per vera questa affermazione e la assumiamo come postulato per la rettitudine, è palese trovare persone che godono di grande prestigio e di grande valore ma che poi non lo sono nell'atto pratico,queste persone sono per lo più cariche istituzionali e religiose. Questi valori alterati hanno condizionato la nostra società e il nostro modo di pensare,prendiamo per vera ogni parola che esce dalla loro bocca senza nemmeno prenderci la briga di pensare a quanto detto o quanto fatto,nascondiamo la nostra ignoranza sotto il loro valore acquisito,ma son certo che se dovessimo ricominciare da zero e tutti allo stesso livello,queste persone non avrebbero scampo. 


Folletto
Oh sei tu qua, figliuolo di Sabazio? Dove si va?
Gnomo
Mio padre m’ha spedito a raccapezzare che diamine si vadano macchinando questi furfanti degli uomini; perché ne sta con gran sospetto, a causa che da un pezzo in qua non ci danno briga, e in tutto il suo regno non se ne vede uno. Dubita che non gli apparecchino qualche gran cosa contro, se però non fosse tornato in uso il vendere e comperare a pecore, non a oro e argento; o se i popoli civili non si contentassero di polizzine per moneta, come hanno fatto più volte, o di paternostri di vetro, come fanno i barbari; o se pure non fossero state ravvalorate le leggi di Licurgo, che gli pare il meno credibile.
Folletto
Voi gli aspettate invan: son tutti morti,
diceva la chiusa di una tragedia dove morivano tutti i personaggi.
Gnomo
Che vuoi tu inferire?
Folletto
Voglio inferire che gli uomini sono tutti morti, e la razza è perduta.
Gnomo
Oh cotesto è caso da gazzette. Ma pure fin qui non s’è veduto che ne ragionino.
Folletto
Sciocco, non pensi che, morti gli uomini, non si stampano più gazzette?
Gnomo
Tu dici il vero. Or come faremo a sapere le nuove del mondo?
Folletto
Che nuove? che il sole si è levato o coricato, che fa caldo o freddo, che qua o là è piovuto o nevicato o ha tirato vento? Perché, mancati gli uomini, la fortuna si ha cavato via la benda, e messosi gli occhiali e appiccato la ruota a un arpione, se ne sta colle braccia in croce a sedere, guardando le cose del mondo senza più mettervi le mani; non si trova più regni né imperi che vadano gonfiando e scoppiando come le bolle, perché sono tutti sfumati; non si fanno guerre, e tutti gli anni si assomigliano l’uno all’altro come uovo a uovo.
Gnomo
Né anche si potrà sapere a quanti siamo del mese, perché non si stamperanno più lunari.
Folletto
Non sarà gran male, che la luna per questo non fallirà la strada.
Gnomo
E i giorni della settimana non avranno più nome.
Folletto
Che, hai paura che se tu non li chiami per nome, che non vengano? o forse ti pensi, poiché sono passati, di farli tornare indietro se tu li chiami?
Gnomo
E non si potrà tenere il conto degli anni.
Folletto
Così ci spacceremo per giovani anche dopo il tempo; e non misurando l’età passata, ce ne daremo meno affanno, e quando saremo vecchissimi non istaremo aspettando la morte di giorno in giorno.
Gnomo
Ma come sono andati a mancare quei monelli?
Folletto
Parte guerreggiando tra loro, parte navigando, parte mangiandosi l’un l’altro, parte ammazzandosi non pochi di propria mano, parte infracidando nell’ozio, parte stillandosi il cervello sui libri, parte gozzovigliando, e disordinando in mille cose; in fine studiando tutte le vie di far contro la propria natura e di capitar male.
Gnomo
A ogni modo, io non mi so dare ad intendere che tutta una specie di animali si possa perdere di pianta, come tu dici.
Folletto
Tu che sei maestro in geologia, dovresti sapere che il caso non è nuovo, e che varie qualità di bestie si trovarono anticamente che oggi non si trovano, salvo pochi ossami impietriti. E certo che quelle povere creature non adoperarono niuno di tanti artifizi che, come io ti diceva, hanno usato gli uomini per andare in perdizione.
Gnomo
Sia come tu dici. Ben avrei caro che uno o due di quella ciurmaglia risuscitassero, e sapere quello che penserebbero vedendo che le altre cose, benché sia dileguato il genere umano, ancora durano e procedono come prima, dove essi credevano che tutto il mondo fosse fatto e mantenuto per loro soli.
Folletto
E non volevano intendere che egli è fatto e mantenuto per li folletti.
Gnomo
Tu folleggi veramente, se parli sul sodo.
Folletto
Perché? io parlo bene sul sodo.
Gnomo
Eh, buffoncello, va via. Chi non sa che il mondo e fatto per gli gnomi?
Folletto
Per gli gnomi, che stanno sempre sotterra? Oh questa e la più bella che si possa udire. Che fanno agli gnomi il sole, la luna, l’aria, il mare, le campagne?
Gnomo
Che fanno ai folletti le cave d’oro e d’argento, e tutto il corpo della terra fuor che la prima pelle?
Folletto
Ben bene, o che facciano o che non facciano, lasciamo stare questa contesa, che io tengo per fermo che anche le lucertole e i moscherini si credano che tutto il mondo sia fatto a posta per uso della loro specie. E però ciascuno si rimanga col suo parere, che niuno glielo caverebbe di capo: e per parte mia ti dico solamente questo, che se non fossi nato folletto, io mi dispererei.
Gnomo
Lo stesso accadrebbe a me se non fossi nato Gnomo. Ora io saprei volentieri quel che direbbero gli uomini della loro presunzione, per la quale, tra l’altre cose che facevano a questo e a quello, s’inabissavano le mille braccia sotterra e ci rapivano per forza la roba nostra, dicendo che ella si apparteneva al genere umano, e che la natura gliel’aveva nascosta e sepolta laggiù per modo di burla, volendo provare se la troverebbero e la potrebbero cavar fuori.
Folletto
Che maraviglia? quando non solamente si persuadevano che le cose del mondo non avessero altro uffizio che di stare al servigio loro, ma facevano conto che tutte insieme, allato al genere umano, fossero una bagattella. E però le loro proprie vicende le chiamavano rivoluzioni del mondo, e le storie delle loro genti, storie del mondo: benché si potevano numerare, anche dentro ai termini della terra, forse tante altre specie, non dico di creature, ma solamente di animali, quanti capi d’uomini vivi: i quali animali, che erano fatti espressamente per coloro uso, non si accorgevano però mai che il mondo si rivoltasse.
Gnomo
Anche le zanzare e le pulci erano fatte per benefizio degli uomini?
Folletto
Sì erano; cioè per esercitarli nella pazienza, come essi dicevano.
Gnomo
In verità che mancava loro occasione di esercitar la pazienza, se non erano le pulci.
Folletto
Ma i porci, secondo Crisippo, erano pezzi di carne apparecchiati dalla natura a posta per le cucine e le dispense degli uomini, e, acciocché non imputridissero, conditi colle anime in vece di sale.
Gnomo
Io credo in contrario che se Crisippo avesse avuto nel cervello un poco di sale in vece dell’anima, non avrebbe immaginato uno sproposito simile.
Folletto
E anche quest’altra è piacevole; che infinite specie di animali non sono state mai viste né conosciute dagli uomini loro padroni; o perché elle vivono in luoghi dove coloro non misero mai piede, o per essere tanto minute che essi in qualsivoglia modo non le arrivavano a scoprire. E di moltissime altre specie non se ne accorsero prima degli ultimi tempi. Il simile si può dire circa al genere delle piante, e a mille altri. Parimente di tratto in tratto, per via de’ loro cannocchiali, si avvedevano di qualche stella o pianeta, che insino allora, per migliaia e migliaia d’anni, non avevano mai saputo che fosse al mondo; e subito lo scrivevano tra le loro masserizie: perché s’immaginavano che le stelle e i pianeti fossero, come dire, moccoli da lanterna piantati lassù nell’alto a uso di far lume alle signorie loro, che la notte avevano gran faccende.
Gnomo
Sicché in tempo di state, quando vedevano cadere di quelle fiammoline che certe notti vengono giù per l’aria, avranno detto che qualche spirito andava smoccolando le stelle per servizio degli uomini.
Folletto
Ma ora che ei sono tutti spariti, la terra non sente che le manchi nulla, e i fiumi non sono stanchi di correre, e il mare, ancorché non abbia più da servire alla navigazione e al traffico, non si vede che si rasciughi.
Gnomo
E le stelle e i pianeti non mancano di nascere e di tramontare, e non hanno preso le gramaglie.
Folletto
E il sole non s’ha intonacato il viso di ruggine; come fece, secondo Virgilio, per la morte di Cesare: della quale io credo ch’ei si pigliasse tanto affanno quanto ne pigliò la statua di Pompeo.